Un’interessante sentenza della Cassazione ha delineato i confini della risarcibilità dei danni subiti dal locatore a seguito della risoluzione del contratto per morosità del conduttore.
Il principio è chiaro, l’art.1453 del Codice Civile prevede che il contraente non inadempiente può richiedere la risoluzione del contratto per fatto e colpa dell’altra parte, nonché il risarcimento del danno conseguente all’inadempimento.
Nel caso di morosità nel pagamento dei canoni è evidente che il locatore ha diritto alla risoluzione ed alla riconsegna dell’immobile, ma egli, oltre naturalmente al pagamento dei canoni maturati per il periodo in cui il conduttore è rimasto nella detenzione dell’immobile stesso, ha anche diritto al ristoro del danno, che effettivamente ci potrebbe essere, consistente nella mancata percezione dei canoni dal rilascio fino alla naturale scadenza contrattuale originaria.
Ci spieghiamo meglio, se il locatore ha stipulato un contratto ad Euro 1.000,00 al mese per quattro anni e detto contratto viene risolto, per morosità del conduttore, allo scadere del terzo anno, al locatore viene meno il previsto incasso di ulteriori Euro 12.000,00 pari ai canoni contrattuali dell’anno mancante per il completamento della durata originaria, il che costituisce un danno ipotetico.
Tale danno diviene effettivo se il locatore, pur attivandosi, non riesce a locare l’immobile o è costretto a locarlo, per le mutate condizioni di mercato, ad un canone inferiore.
In questo caso il precedente conduttore moroso sarà tenuto al risarcimento del danno effettivo, che ovviamente il locatore deve provare, consistente nella differenza tra il canone originario contrattuale, nel caso Euro 12.000,00 per un anno, e quanto in quell’anno il proprietario dell’immobile è riuscito a percepire secondo le condizioni di mercato.
Quindi, rimanendo nell’esempio, se egli è riuscito a locare solo dopo tre mesi dal rilascio ed ad Euro 800,00 mensili, l’originario conduttore sarà tenuto a risarcire la differenza tra gli importi del contratto risolto pari ad Euro 12.000,00 e quanto effettivamente incassato dal locatore in quell’anno.
Tale meccanismo è stato giustamente sostenuto dalla Suprema Corte, la quale, riformando le sentenze sia di primo che di secondo grado, ha accordato al locatore il richiesto risarcimento.