Di recente la Suprema Corte è tornata a decidere sui diritti del concepito, cioè di chi ancora non è nato ma è stato concepito e si trova nel grembo materno.
Il quesito a cui rispondere era se il concepito aveva diritto ad ottenere il risarcimento del danno a seguito della morte del padre, nel caso di specie per un incidente automobilistico.
La norma sulla base della quale decidere è l’art. 2043 del codice civile.
Come noto detto articolo obbliga chiunque abbia causato un danno ingiusto, conseguente ad un fatto illecito, a risarcire il danneggiato, per cui il responsabile di un incidente automobilistico che abbia causato la morte di un terzo deve corrispondere agli stretti familiari una somma per compensare sia i danni patrimoniali che non patrimoniali causati dalla perdita della persona cara.
Secondo un’accreditata corrente di pensiero della Cassazione “il concepito, pur non avendo una piena capacità giuridica, è comunque soggetto di diritto, perché titolare di molteplici interessi personali riconosciuti dall’ordinamento sia nazionale che sopranazionale, quali il diritto alla vita, alla salute, all’onore, all’identità personale, a nascere sano; diritti questi rispetto ai quali l’avverarsi della condicio iuris della nascita è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio ai fini risarcitori” (Cass.n.9700/11).
Quindi, una volta verificatasi la nascita, diventano operativi tutta una serie di diritti che possono avere quale fatto generatore anche un evento precedente alla nascita stessa, quale, appunto, il sinistro automobilistico che ha cagionato la morte del padre, fatto questo che ha privato per sempre il figlio della figura paterna ed ha fatto sorgere il diritto di credito al conseguente risarcimento, risarcimento dipendente da un evento antecedente ma i cui effetti si sono propagati successivamente ed hanno inciso non su di un semplice concepito (il quale, senza il verificarsi della nascita, sarebbe privo di concreti diritti), ma sul bambino ormai nato.
Seguendo tale ragionamento la Cassazione ha, giustamente, condannato il responsabile del sinistro, e la sua Compagnia assicurativa, a provvedere al ristoro del danno all’attrice, che non ha potuto nemmeno conoscere suo padre.
La conclusione non può che trovarci d’accordo e non fa che confermare la condivisibilità di qualsiasi norma che tuteli l’essere umano fin dal suo concepimento.