La Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità degli artt. 2 e 4 della L.164/82 nella parte in cui non è permesso ai due coniugi, di cui uno abbia proceduto al cambio di sesso, di continuare, ovviamente nel caso in cui entrambi lo vogliano, ad avere un rapporto di coppia giuridicamente tutelato con una forma di convivenza registrata.
Come noto il cambio di sesso è uno tra i casi tassativamente indicati dall’art.3 della L.898/70 (c.d. legge sul divorzio) dai quali discende lo scioglimento del matrimonio e ciò è evidente dato che, in questo caso, muta radicalmente la natura di uno dei coniugi con la conseguenza del venir meno di uno dei requisiti essenziali che il nostro ordinamento dispone per il matrimonio, la differenza di sesso appunto.
Stabilito, quindi, che, una volta avvenuto il cambio, il matrimonio viene necessariamente meno, che succede se entrambe le persone coinvolte vogliano persistere nella loro relazione affettiva? E’ giusto tutelare il loro desiderio di rimanere insieme?
A questo interrogativo viene in aiuto la sentenza in oggetto, la quale invita il legislatore ad intervenire con una disciplina alternativa al matrimonio (dato che il matrimonio tra persone dello stesso sesso contrasterebbe con l’art.29 della Costituzione), che possa in qualche modo dare veste giuridica e tutela al nuovo rapporto venutosi a creare.
La giurisprudenza continua, quindi, in un percorso che tende sempre più ad allargare il concetto di famiglia estendendola ad unioni molto particolari, il che non può che lasciare perplessi dato il pericolo di una sorta di delegittimazione della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, che diverrebbe solo una delle forme possibili, ma che costituisce il fulcro di ogni società e l’ unica garanzia della prosecuzione della specie.