Il caso: il correntista di una Banca, rilevato l’addebito di una consistente somma sul proprio conto corrente per l’emissione di un assegno avente numero seriale identico ad uno ancora in suo possesso e non utilizzato, conveniva in giudizio l’Istituto di credito chiedendone la condanna alla restituzione dell’importo addebitato ed al pagamento di tutte le conseguenti somme per interessi e rivalutazione considerato l’ inesatto inadempimento delle obbligazioni inerenti al contratto di conto corrente, nonché l’eventuale responsabilità ex art.2050 Cod.Civ. (responsabilità per l’esercizio di attività pericolose), o, in via subordinata, per illecito extracontrattuale per negoziazione illecita e fraudolenta dell’assegno medesimo.
Il punto centrale della controversia appariva, quindi, quello di accertare se la Banca aveva posto in essere tutti gli accorgimenti e sistemi di sicurezza necessari atti a tutelare il correntista da eventuali azioni fraudolente come quella accaduta.
Le norme poste a base della sentenza sono l’art. 1176 Cod.Civ. che imponendo al comma 1 un generale dovere di diligenza da parte del debitore (nel caso la Banca) nell’adempimento delle proprie obbligazione, specificatamente al comma 2 stabilisce che “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”; nonché lo stesso art. 2050 Cod.Civ., il quale stabilisce che per poter ritenere esente da responsabilità chi, nell’esercizio di un’attività pericolosa (nel caso quella bancaria), cagiona un danno, il danneggiante deve provare di aver adottato tutte le misure idonee per evitare il danno stesso.
Il Tribunale ha giustamente condannato la Banca al risarcimento, ritenendo non fornita la necessaria prova di ave usato la dovuta diligenza per impedire la clonazione e la circolazione dell’assegno.
Anzi la tipologia del fatto (clonazione) porta di per sé a ritenere una particolare responsabilità dell’Istituto di credito, dato che solo al proprio interno si poteva sapere l’esistenza del conto corrente intestato all’attore, la circostanza che a quest’ultimo fosse stato consegnato il carnet contenente l’assegno, poi, clonato, nonché la presenza di fondi sufficienti a coprire detto assegno.
E’ evidente, quindi, che l’illecito si è verificato tutto internamente alla Banca, la quale non risulta aver posto in essere alcun valido accorgimento per evitare episodi criminosi del genere.
La decisione, quindi, è quanto mai condivisibile, non essendo assolutamente accettabile per un ignaro correntista che i dati dei propri conti siano oggetto di esame da parte di malintenzionati e che le Banche non attuino sistemi di controllo e sicurezza al proprio interno, che possano impedire o, quanto meno, scoprire per tempo illecite intrusioni e manovre a danno del consumatore del servizio bancario.